L’ANNO IN CUI SIAMO ESISTITI DI MENO

Claudio Riccio
3 min readJan 2, 2021

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La fisica e la meccanica quantistica possono dirci molte cose sul 2020.

“Heisenberg immagina che gli elettroni non esistano sempre, esistano solo quando qualcuno li guarda, o meglio quando interagiscono con qualcosa d’altro. Si materializzano con una probabilità calcolabile quando sbattono contro qualcosa d’altro”.

Questo è quel che scrive Rovelli in “7 brevi lezioni di fisica”. Il fisico spiega che la materia di cui siamo fatti esiste in quanto interagisce, viviamo — dice — in “un mondo di avvenimenti e non di cose”. Le equazioni della meccanica quantistica non descrivono cosa succede a un sistema fisico, ma solo come un sistema fisico viene percepito da un altro sistema fisico. Forse, dice sempre Rovelli, dobbiamo accettare “l’idea che la realtà sia solo interazione.

Da ieri rimugino su questo tema a me ignoto e rifletto sul l’anno appena concluso.

La famosa storiella dell’albero che cade in una foresta. Non c’è nessuno a sentirlo, farà rumore? No. Produrrà delle onde sonore, ma non saranno un suono se nessun padiglione acustico o dispositivo lo percepirà e codificherà come tale.
Questo post esiste anche se nessuno lo legge? Sì, perché una tastiera è stata utilizzata, dell’energia è stata consumata (o sprecata) e viene memorizzata in dei server fisici situati da qualche parte nel mondo.

La domanda è se ciascuno di noi può esistere fuori da un sistema di relazioni con persone e oggetti?
No. Tutta la nostra esistenza dipende da relazioni con persone e cose, nulla è statico, tutto è frutto di avvenimenti.

Nei film di fantascienza quando un personaggio si risveglia in un mondo diverso da quello di provenienza, per scoprire se è vivo o sta sognando, per verificare la propria condizione tocca gli oggetti attorno a sé e poi cerca di interagire con i passanti, cerca dagli altri la conferma della propria esistenza.

Nessuno di noi può esistere immerso nel nulla. Io esisto perché poggio i piedi sul pavimento, perché poggio le mani sul tavolo, tocco uno smartphone, mangio, parlo con una persona, ne conosco una nuova, la abbraccio. Perfino isolarsi è un atto relazionale, presuppone un rapporto con altri oggetti e determina una mancata relazione (che è di fatto una relazione).
Come gli elettroni esistono solo nel loro sbattere gli uni gli altri, così noi — mi pare — esistiamo in quanto ci relazioniamo.
Non posso che pensare a questo 2020. Quante persone nuove hai conosciuto in questi 10 mesi trascorsi dall’inizio della pandemia? Con quanti sconosciuti hai ballato, brindato, chiacchierato aspettando il tram? Con quante persone hai condiviso tempo, spazi ed emozioni? Molte meno.
Possiamo discutere della qualità delle relazioni che abbiamo scelto, che abbiamo selezionato, costretti dal distanziamento e dall’isolamento. Non a caso uno dei filoni dei bilanci di fine anno si concentra proprio sulle “cose davvero importanti”. Ma se sulla qualità dei rapporti è tutto opinabile e soggettivo, sulla quantità non ci sono dubbi: ci siamo indiscutibilmente relazionati meno tra di noi.

E allora tutto questo sproloquio pieno di inesattezze dal punto di vista della fisica teorica è solo perché pensavo che se sono le relazioni e le interazioni a rendere tale l’esistenza è come se quest’anno fossimo esistiti un poco meno.

Quella sensazione definita da alcuni giornali “un tempo sospeso” non è data dalla noia o dalla nostalgia, dal rammarico o dal rodimento per le esperienze mancate. Penso sia semplicemente la sensazione che proviamo per l’essere esistiti un poco meno.

O forse è davvero la noia e scrivo queste righe per combatterla. O per interagire di più. Non so.

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Written by Claudio Riccio

Attivista ● Creative strategist

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